“Ciao tesoro, come sei carina! Che strumento suoni?”
“Il bassotuba!”
No, non è successo a me, io da piccola ero una vera bisbetica.
Questo è ciò che è accaduto ad un mio amico quando iniziò a dirigere la banda cittadina del suo paese. Ricordo che quando me lo raccontò provai una gran simpatia per quella bambina sconosciuta e trovai il binomio bambina-bassotuba tanto raro quanto divertente.
Vi siete mai chiesti perché scegliamo di studiare proprio quello strumento? Magari semplicemente ci affascina: una mia allieva mi ha “scaricata” senza troppe cerimonie perché il violino l’affascinava meno del luccichio del metallo del corno, che “le ricorda una chiocciola” e trova più simpatico.
Sono abbastanza sicura nell’affermare che la scelta di uno strumento piuttosto che un altro sia la conseguenza di una vera e propria vocazione. Non si può spiegare. Oppure è il frutto di una congiunzione astrale (non casuale): non hai idea di che cosa sia una chiave di fa ma improvvisamente guardi un concerto in tivù o assisti ad un’esibizione ed è fatta, vuoi imparare a suonare il bassotuba.
C’è chi dice che quella della vocazione sia un’utopia romantica ed è convinto che la scelta sia un po’ come il segno zodiacale: sei fatto in un certo modo, hai un certo carattere, quindi sei perfetto per quello strumento musicale. Opinione condivisibile o meno, sta di fatto che sulla scia di questa curiosa teoria si sono, nel corso dei secoli, radicati dei veri e propri stereotipi.
Devo fare una doverosa premessa: nessun musicista/cantante/direttore sicuramente si offenderà perché questi miti sono un po’ come le barzellette sui Carabinieri. Tutti ridono ma nessun Carabiniere si sente diffamato.
Credo.
Quale miglior modo per farti sentire parte della famiglia dell’orchestra se non illustrarti come ci prendiamo in giro durante le prove?
A proposito di barzellette, c’è una categoria di musicisti particolarmente bersagliata. Ci sono addirittura interi siti internet che fungono da raccolta enciclopedica. Te ne riporto una particolarmente crudele.
Concerto di quartetto d’archi (due violini, viola e violoncello, n.d.r.).
Ecco che cosa pensano i musicisti mentre suonano.
Violino primo: – Guardate quanto sono bravo. Guardatemi, vedete le mie pose ispirate? Che fraseggio, che suono, che vibrato, nessuno è più bravo di me…
Violino secondo: – Quel pallone gonfiato del primo violino non sarebbe nulla senza di me. Se non ci fossi io a sostenere magistralmente la sua voce il quartetto farebbe schifo! E lui crede di essere migliore di me…
Violoncello: – Toh, guarda quella bionda in prima fila come mi fissa. Tra poco arriva il mio tema, vedrai se dopo il concerto non viene a cena con me! Aspetta che mi giro un po’ così mi vede meglio…
Viola: – Do do do do do do do do do do do do do do do do
Lo so, lo so, spiegare le barzellette è un po’ triste. Ma ti ho riportato un esempio perfetto di come gli suonatori di strumenti ad arco si vedono e si giudicano (sempre per ridere, eh!). Violino primo: inguaribile arrogante. Violino secondo: vorrebbe essere il violino primo. Violoncello: noncurante di tutto ciò che non sia ricollegabile a qualche piacere o vizio. E la viola… beh, poveri violisti, loro sì che risentono dell’ironia dei colleghi!
Tutto nasce da una realtà storica che poi è stata vilmente distorta. La viola è uno strumento molto simile al violino, ma più grande. La sua dimensione le permette di poter suonare delle note più gravi rispetto a quelle del violino, cioè più “basse”, quindi ha spesso (ma non sempre, c’è un repertorio per viola solista che fa venire la pelle d’oca) un ruolo di mezzo tra i violini (voci più acute) ed il violoncello (voce più grave). Il suo ruolo “a metà”, se così possiamo dire, non ha sempre avuto una grande importanza nella storia della musica, motivo per cui, per secoli, gli esecutori alla viola erano violinisti che si adattavano a suonare uno strumento simile ma più pesante. Non esisteva, quindi, il ruolo del “violista” vero e proprio, categoria nata solo successivamente. Insomma, al violino veniva affidata la voce più importante e virtuosa, quindi quella più “difficile”, mentre la parte della viola prevedeva sostanzialmente una voce di sostegno, più semplice. Per questo nella barzelletta al povero violista tocca ripetere sempre la stessa nota…
Ma gli altri strumenti dell’orchestra non sono certo risparmiati dalla crudele ironia dei colleghi: i fagottisti hanno la fama di essere tipi eccentrici e anticonformisti. Gli oboisti invece non pensano ad altro che alle ance (piccoli manufatti di canna di bambù che servono agli strumenti ad ancia, appunto, a creare la vibrazione che poi lo strumento vero e proprio amplifica e trasforma; le ance degli oboi sono fatte a mano dagli stessi oboisti con enorme dispendio di energie e frustrazione. Come dice un mio collega: “Sono stato rinchiuso in camera tutto il pomeriggio ma non ho studiato un minuto. Dovevo fare ance.”). Poi si cade un tantino nel discutibile se parliamo della fama di clarinettisti e flautisti: i primi ottimi baciatori. I secondi pessimi baciatori. Non so come spiegarvelo in maniera elegante, fate un rapido ripasso degli organi del cavo orale e… sì, è esattamente quello il motivo.
Chiudiamo in gran simpatia con la famiglia degli ottoni: presentiamo l’artiglieria pesante. Se scavate nel vostro immaginario alla ricerca di qualche conoscente che suona il trombone sicuramente sorriderete. Gli ottoni fanno simpatia, c’è poco da fare.
Ricordo che in un’occasione, tra prova generale e concerto, i trombonisti avevano autonomamente allestito in quattro e quattr’otto un buffet personale a base di pane, salame e vino, con tanto di tovaglia. Eravamo in chiesa ed il concerto prevedeva l’esecuzione del Requiem di Mozart. Insomma, se nel retropalco trovate da mangiare e da bere sappiate che quasi certamente è sponsorizzato da loro. In un video che ho visto su facebook qualche tempo fa, dal titolo “Dating the orchestra” (letteralmente “Frequentare – nel senso di uscire con – l’orchestra”) la descrizione della sezione degli ottoni è la seguente:
Tromba: ubriaco.
Trombone: più ubriaco.
Tuba: decisamente molto ubriaco.
Timpani (percussioni, n.d.r.): eccentrico (molto probabilmente ubriaco).
Non ne abbiano a male arpisti, cornisti, cantanti, direttori, contrabbassisti, percussionisti, pianisti e tutti coloro che non ho nominato oggi: c’è uno stereotipo per ognuno di voi. Ma è un argomento tanto divertente quanto pericoloso per la mia incolumità, quindi mi fermerei agli stereotipi più famosi.
Mi raccomando colleghi, si fa per ridere, eh! E per chi ci avesse fatto un pensierino, come dice il video: “Non credere agli stereotipi: esci con tutti!”
credit: “Dating the orchestra” – video by Amphio